Cercare il tuo stile fotografico è una perdita di tempo

Ci sono fotografi che vengono ricordati per il loro stile fotografico.

Tendiamo ad associare un fotografo ad un’estetica, un determinato colore o addirittura uno schema di luce.

La nostra mente, pigra, ci porta a fare questi collegamenti prettamente estetici senza andare oltre.

Penso quindi sia conveniente perseguire una sola estetica e presentarsi come, ad esempio, quel fotografo che utilizza esclusivamente il flash diretto sulla modella oppure quello che scatta solo in golden hour.

Ed è per questo, che ho deciso di seguire un’altra strada.

Ciao, sono Ken, fotografo di street e ritrattistica.

Lo scorso mese ho passato 5 giorni a Londra con Gabriele Santucci e Francesco Mandelli. Abbiamo fatto tanta street photography e, personalmente, mi sono dedicato anche alla ritrattistica.

Durante questi 5 giorni ho affrontato una moltitudine di scenari che richiedevano diverse modalità di scatto e questa esperienza mi ha portato a ragionare per tanto tempo e giungere a questa conclusione: chiedersi e cercare il proprio stile fotografico, è una perdita di tempo.

Ma cosa intendo per Stile Fotografico?

Essendo la fotografia una materia visuale, per stile fotografico si intende, comunemente, una determinata estetica e perseguirla nel tempo. E penso sia sbagliato.

Questo perché, secondo me, si può andare oltre, esercitandosi su una serie di tecniche fotografiche distanti tra loro e piano piano fonderle insieme. È un approccio diverso alla fotografia, meno remunerativo nel breve termine ed estremamente rischioso in quanto a identità visiva.

Nella mia fotografia, non ci vedo uno stile fotografico in senso estetico. Se in questo video ne vedete uno, siete dei miti. Vi ringrazio.

Quello che vedo io è la costante volontà al perfezionamento di una serie di tecniche affinché dichiari come vedo le cose e non come le coloro. Detta in maniera molto mematica da 2023: trovo una tecnica che mi piace, automaticamente è da masterare.

Ritornando al viaggio fatto a Londra, ci sono stati vari scenari differenti che richiedevano approcci e tecniche di scatto diverse. Partiamo dalla prima.

Il bianco e nero

Il bianco e nero è una tecnica abusata. Una volta che i colori sono noiosi o la luce presente è estremamente piatta e monotona, si tende a switchare sul bianco e nero. Oppure, al contrario, possiamo trovare una luce molto dura. E allora la pigrizia tende a prevalere e a scattare in bianco e nero.

Solitamente l’opzione bianco e nero viene scelta per esaltare una composizione particolare.

Per quanto mi riguarda, a Londra ho deciso che, a parte qualche scatto molto classico, era tempo di fonderlo con una seconda tecnica.

Lo slow shutter

È la moda del momento, non nascondiamoci. Dopo aver improvvisamente scoperto la bellezza del vintage lo scorso anno, piano piano stiamo scavando tra i vari negativi messi nel cassetto e capire cosa ritirare fuori.

Con la stabilizzazione delle macchine fotografiche moderne, si possono creare queste medie lunghe esposizioni molto interessanti a mano libera dove si possono ottenere diversi tipi di giochi ed estetiche.

Da una parte ho utilizzato infatti lo slow shutter per nascondere elementi di disturbo come i bidoni della spazzatura, aspettando i classici autobus double deck di Londra oppure i taxi, i cab.

Dall’altra, ci sono un po’ di foto che sono venute molto bene, inquadrando il soggetto all’interno del telaio, di nuovo, dei cab e dei double deck.

Sperimentando un po’, mi sono reso conto di alcune cose:

  • Nella street photography non sempre è necessario il soggetto inteso come essere umano. Devo ancora lavorarci sopra, ma troverei molto interessante utilizzare nell’ambito della street tutte quelle tecniche che vengono utilizzate in ambito pubblicitario e corporate, per rendere una persona parte dell’ambiente ma non fondamentale.

  • Poi, specialmente in questa foto, mi ha fatto pensare quanto margine di sperimentazione c’è per giocare tanto con la texture che si viene a creare sul vestito e soprattutto sull’ombrello.

Giochi di riflesso e spaccature, foto “sporche”

Sempre parlando di vintage, la foto sporca funziona perché rende tutto un po’ più autentico.

Penso che, soprattutto quando si parla di un ambito come quello della street, ma anche per la ritrattistica ci sono alcuni punti in comune, non sempre la nitidezza è tutto. Anzi.

A volte la foto tecnicamente perfetta non ci comunica niente a livello emotivo e non deve essere per forza di cose qualcosa di devastante o estremo come la felicità o la tristezza.

Semplicemente, soprattutto quando si comincia a guardare al proprio lavoro come un corpo unico con tante sfaccettature, mi sono reso conto che c’è bisogno in qualche modo di dinamismo. E in questo senso i riflessi penso possano dare tanto.

In un’epoca in cui abbiamo la soglia d’attenzione di un criceto, cerco di pensare e scattare invogliando a chi guarda innanzitutto di chiedersi cosa stia guardando. Vedere le cose in maniera specchiata non è roba da tutti i giorni, a meno che non sia la propria faccia e il proprio cesso.

A Londra ho cercato un po’ di specchi con poco successo, ho visto un po’ di vetrine spaccate e qualcosa l’ho ricavata, nonostante non sia ovviamente il meglio fatto fino ad ora. Ho trovato però un pezzo di palazzo che mi ha gasato tanto. Penso fosse metallo con una finitura satinata che portava sì a specchiare e riflettere, ma allo stesso tempo con il giusto tempismo si potevano incontrare delle linee di luce che si andavano a creare in maniera molto interessante.

Poi in realtà, Londra in particolare, è un continuo schivare le proprietà private. Non ho quindi pensato tantissimo a questa tecnica ma quando potevo, sicuramente qualche stimolo creativo l’ho avuto.

Colori solidi

È una tecnica che sto affinando nel tempo. Diaframma chiuso e in post produzione seleziono i colori che voglio più saturi e con una luminanza più bassa. Nell’immagine ho bisogno quella sensazione di concretezza e solidità. Non è soltanto la prospettiva a rendere una scena tridimensionale.

Con il recente aggiornamento di Lightroom, l’introduzione del color picker ci permette decisamente una selezione più accurata, nonostante ci sia ancora un po’ di margine di miglioramento: tipo poter selezionare senza il bisogno di utilizzare una maschera apposita l’area in cui quella correzione non venga fatta. Esempio banale, la pelle delle persone assieme al cemento di un palazzo.

Tra l’altro, cercare la solidità nel colore aiuta anche a variare dal classico bianco e nero.

Alla fine dei conti si espone sempre per le luci e si tende di conseguenza ad avere delle ombre e neri praticamente clippati. La differenza tra le due tecniche, quando si tratta di street, è quindi sulla rilevanza del contrasto cromatico o del colore in sé che va a definire il look della foto.

Quinta sporca, layerism, framing

L’ultimo attrezzo che mi sono portato a Londra, è anche un po’ la filosofia che come fotografo ho seguito per crescere negli ultimi anni, perché mi piace proporre cose originali e complicarmi la vita.

Una cosa che ci viene insegnati sin da bambini è che per perfezionare una tecnica serve partire dalle cose semplici e poi step by step complicarle sempre di più.

Ho passato più di un anno ad imparare a contare.

Nel senso: nelle fotografie di street è esteticamente appagante vedere una persona che cammina e prendere il momento in cui ha le gambe a massima apertura. E non serve scattare delle raffiche infinite. Personalmente scatto ad una raffica lenta di 3fps per una questione pratica, ma nella realtà dei fatti mi basta scattare una volta sola.

Mi basta vedere come cammina il soggetto, guardare il ritmo e la falcata e cominciare a contare. È un esercizio molto semplice.

Certo è però che alla lunga questa cosa diventa semplicemente ripetitiva e monotona. E allora si comincia a pensare anche ad una composizione più complicata, differente e cercare di rendere lo scatto più interessante.

Ed è così che si toccano i temi della quinta sporca, sia attraverso una messa a fuoco bloccata sia attraverso lo slow shutter.

Arrivo su una determinata scena e lavoro per comporre più livelli oppure vedere se l’ambiente urbano ci offre qualche linea che ci possa guidare nella composizione e rendere il tutto più interessante.

Sono stato a Londra per qualche giorno anche lo scorso anno, per vedere il concerto di Billie Eilish. Ne parlo perché ci sono due interviste del fratello Finneas, producer, che mi hanno aiutato tanto nella ricerca in fase di editing.

E ho capito che devo cercare fondamentalmente su due punti:

  • Come far coesistere due concetti: la bellezza oggettiva e la visione creativa soggettiva.

  • Come trasmettere ciò che provi, in immagine.

Una cosa tanto banale quanto difficile. Dico che è tanto banale perché so che qua fuori c’è tutta una setta di gente che pensa di salvare la vita di un bambino malnutrito tramite le sue immagini ed è un concetto totalmente sbagliato.

In un video precedente, riguardo Parigi, parlavo di come cercavo di sfogare la mia frustrazione tramite la tecnica dello slow shutter, tendenzialmente in bianco e nero.

È un concetto che regge ancora in piedi. Allo stesso tempo però c’è tutto un altro lavoro in fase di post produzione in cui mi sono reso conto che non basta più seguire solo l’estetica oggettiva, regolando la saturazione del blu solo perché così è più bello.

Mi sono reso conto che è necessario fare uno step in più, dare anche una motivazione personale sul perché quel blu è stato saturato e allo stesso tempo farlo coesistere nell’intera fotografia.

Ci sono delle cose che devono essere sistemate nonostante non si vedano, più per una questione di percezione e non di estetica pura.

Ritornando a Londra 2022, riguardando le foto mi rendo conto di come pensassi di avere uno stile fotografico estetico e che funzionasse pure.

Mi rendo conto che quelle foto erano foto che avevo perfezionato a Milano ed era tempo di “esportarle” al di fuori della mia città natale, facendo perdere tutta l’essenza del contesto e del motivo per il quale ero lì a scattare.

Pensavo che il mio stile fosse basato sull’uomo (bianco) che cammina in giacca e a volte cravatta davanti ad un portone e portare il bilanciamento del bianco su tonalità calde.

Finalmente ho capito che è il caso di cambiare: piuttosto che cercare il soggetto giusto, devo immaginare lo scenario ideale per esaltare il contesto che mi circonda, e dopodiché aspettare il soggetto ideale alla scena e concretizzare il tutto con il singolo scatto ricercato.

È uno step estremamente difficile, lungo e che vedrà tantissimi fallimenti. Ma è anche uno step necessario per affinare il buon gusto. In che modo?

Penso ovviamente che il palato di chi mangia ogni giorno fastfood e di chi invece mangia ogni volta stellato è diverso, ma questo non significa che quello stellato sia migliore. Anzi.

Secondo me è necessario, come tutto nella vita, trovare sempre una via di mezzo tra le cose.

Tocca, ma vedere cose belle e vedere cose brutte allo stesso modo, facendoci contaminare è necessario. Dovremmo essere consci che un giorno potremmo prendere due cose totalmente distaccate tra di loro e che potremmo inconsciamente mescolare in una nuova idea.

Soltanto così, secondo me, si può sviluppare uno stile fotografico personale che non dipenda all’estetica ma dalla visione personale.

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